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FUTURE FILM FESTIVAL

Future Film FestivalDal 20 al 23 aprile si è svolto a Bologna il Future Film Festival e ultimospettacolo è andato a gustarsi la selezione di Cinema d’Animazione e “dietro le quinte” che il FFF ha proposto al suo pubblico. Giunto alla sua tredicesima edizione, il festival è diventato uno degli appuntamenti più interessanti per gli appassionati e gli addetti ai lavori; capace di richiamare a sè i maggiori esperti d’Animazione ed Effetti Speciali di tutto il mondo, il FFF è un punto d’incontro molto importante tra le grandi produzioni internazionali e la “delicata” situazione italiana.

RANGO – The down and Dirty on ILM’s first animated feature.

L’evento era incentrato sul “dietro le quinte” di Rango e Maia Kayser, Lead animator, ha svelato diverse curiosità sulla produzione e sulle scelte stilistiche del film (primo lungometraggio d’animazione realizzato interamente dall’Industrial Light & Magic).

La resa dei materiali e delle texture è stata volutamente fotorealista e carica di dettagli; pelle, peli, squame, venature del legno, bottiglie, cactus e terriccio sembrano ricostruiti in modo perfetto e davvero convincente (in pieno stile ILM); quasi a trasmettere un senso organico e di vita reale, a tratti graffiata dal vento sabbioso del deserto.

La stilizzazione dei personaggi, invece, ha seguito un percorso di ricerca molto più sottile e visionario, si è svincolata dallo stile fotorealistico e ha permesso di caratterizzare i personaggi in modo molto fine e grottesco; quasi ai livelli di ericailcane (artista contemporaneo) o della più alta ricerca nell’ambito del Character Design.

La volontà del regista e del dipartimento artistico è stata quella di “sporcare” l’intero girato per creare un effetto di “vissuto e rovinato” tipicamente Western, che avesse poco a che fare con il cartoon brillante e patinato di altre produzioni, ma che valorizzasse la ruggine e i vetri sporchi.

Le animazioni infine, si rifanno ai movimenti degli attori scelti per il doppiaggio; che avevano girato appositamente alcune scene così da fornire agli animatori delle reference precise e dettagliate. Inoltre sono stati utilizzati dei vecchi Western per avere uno stile di recitazione molto “di genere”,  e creare in questo modo un dialogo con i miti del passato (come Clint Eastwood che si cela nei panni dello Spirito del West) e in generale con la filmografia Spaghetti Western.

Industrial Light & Magic: Creating the Impossible

L’incontro con Leslie Iwerks, nipote del celebre Ub Iwerks (co-creatore di Mikey Mouse), consisteva nella presentazione in anteprima italiana del documentario sull’ Industrial Light & Magic: il colosso americano degli Effetti Speciali che ha firmato le migliori produzioni del cinema hollywoodiano dagli anni ’70 ad oggi.

La voce narrante di Tom Cruise inizia dagli albori, ovvero dalla grande sfida di George Lucas: realizzare gli effetti speciali per la trilogia di Star Wars. Poi attraversa tutta la produzione dello studio che può vantare una delle filmografie più ricche della storia: Star Trek, Forrest Gump, Jurassic Park, I predatori dell’arca perduta, ET, … infine si arriva ai giorni nostri ed alle ultime tecnologie che sono state utilizzate nei set di: I Pirati dei Caraibi, Avatar e Iron Man.

Il documentario è un continuo passaggio tra i “dietro le quinte” dei diversi capolavori citati e le interviste ai talenti con i quali lo studio ha collaborato: registi come Steven Spielberg, Ron Howard, George Lucas, JJ Abrams; attori come Samuel L. Jackson e Robin Williams; fino ai produttori come Jerry Bruckheimer e John Lasseter. Ad ogni amante della Storia del Cinema consiglio la visione di questo documentario almeno una dozzina di volte.

RANGO

RangoDall’unione di Gore Verbinski (regista dei Pirati dei Caraibi) e della Industrial Light & Magic (lo studio che ha realizzato gli effetti speciali di Star Wars e delle più grandi produzioni hollywoodiane di tutti i tempi) nasce RANGO: un curioso film d’animazione, un delirio Western, una pellicola piena di polvere, sguardi da rettile, polli e pochissima acqua. Tra chitarre messicane e succo di cactus si raccontano le vicende di Polvere, un villaggio di lucertole e topi del deserto, un perfetto Spaghetti Western tra animali e rettili di vario genere.

Difficile stabilire se il film sia destinato ad un pubblico adulto o più giovane: le continue citazioni, i monologhi quasi teatrali e i momenti “sciamanico/visionari” lo rendono sicuramente un film per adulti (o quantomeno per chi apprezza il mondo del cinema), mentre le parti di avventura o le continue gags lo rendono accessibile anche ad un pubblico più giovane.

Forse questa sua doppia lettura, invece di renderlo un capolavoro assoluto, rischia di condannarlo nel limbo dei lavori “inclassificabili” (sia in senso positivo che negativo) e non lo lascia decollare come avrebbe potuto: è troppo complesso e assurdo per soddisfare l’immaginario di un bambino ma anche troppo trattenuto e “morbido” per approfondire come si deve le tematiche più interessanti.

Rango è un Camaleonte dalle origine misteriose (anche se sicuramente casalinghe, inizialmente vive in un terrario) e si trova nel bel mezzo del deserto dopo esser stato scaraventato a terra da una macchina in corsa. Sperso e perduto inizia un cammino ricco d’incontri, silenzi e visioni. Dialoga con creature surreali come l’armadillo Carcassa o Lo Spirito del West (omaggio a Clint Eastwood) fino ad arrivare al piccolo villaggio di Polvere, dove parte la sua vera avventura.

La voce di Rango è di Johnny Deep, che tra l’altro ha girato diverse sequenze del film in modo da “prestare” anche le sue movenze al protagonista Camaleonte (ovvero gli animatori hanno spesso ricalcato o riprodotto i movimenti dell’attore).

L’esperimento è riuscito, anche se un po’ zoppicante il film è gustoso e sottile, la colonna sonora scalda il deserto e accompagna la narrazione in modo esemplare, i gufi cantano davvero bene.

Biutiful

Dopo la trilogia globale e globalizzata di Amores Perros, 21 grammi e Babel, Iñárritu si concentra qui su di un unico personaggio ed un’unica città: Javier Bardem e Barcellona. Il primo è un medium-padre di famiglia che “se busca la vida” in vari modi più o meno legali; la seconda è Barcellona, una Barcellona mai vista prima sul grande schermo: la Barcellona degli immigranti, de los latinos, de los manteros, di chinatown, una Barcellona oscura, dura, brutta … insomma un’altra Barcellona, lontana dalle immagini da cartolina della Sagrada Familia, delle Ramblas, di Gaudì e della Costa Brava. Visivamente e per le storie che racconta, Biutiful è un film molto forte, in grado di descrivere perfettamente quella macchina diabolica che è la scala sociale, secondo cui la polizia si approfitta degli spagnoli che sfruttano la manodopera cinese, i quali a loro volta si sfruttano tra di loro ed infine, ultimo pezzo di questa diabolica catena, gli immigrati africani costretti a vendere sulle strade i prodotti finiti. Iñárritu non riesce però ad unire le varie storie e creare un sentimento di empatia con lo spettatore. Il risultato finale è un film che non entusiasma, un film in cui la forza iniziale si perde nei suoi eccessivi 138 minuti di durata e nelle varie storie confusamente mischiate. In compenso Javier Bardem si conferma un’eccelente e versatile attore, in grado di dare voce e faccia ai più disparati personaggi. Iñárritu ci mette coraggio e buona volontà, peccato che il risultato non sia del tutto all’altezza delle aspettative. Pf da Madrid

Tambien la lluvia

Una troupe cinematografica sbarca in Bolivia, a Cochabamba, per girare un film sulla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo. Un regista socialmente impegnato – Gael Garcia Bernal – che vuol far emergere gli abusi e le violazioni subite dagli indios; un produttore – Luis Tosar – interessato apparentemente solo al profitto e ai finanziamenti del film; un attore – il debuttante Carlos Aduviri – nel doppio ruolo del leader indigeno (il film nel film) e nella parte di leader per i diritti sull’acqua per gli abitanti di Cochabamba (il film). Sullo sfondo la storia di due padri missionari – Bartolomé de las Casas y Antonio de Montesinos – primi a denunciare gli abusi ed i massacri commessi dai colonizzatori. L’ultimo film di Iciar Bollain gioca su più piani, raccontando una storia in parallelo: la soppressione e gli abusi subiti dagli indios ai tempi di Colombo e la guerra per l’acqua in Bolivia avvenuta nel 2000. Un film nel film. Ieri la guerra per l’oro, oggi quella per l’acqua. Come sempre Iciar Bollain arriva a toccare nel profondo l’animo degli spettaotori, invitandoli a riflettere sulla realtà che li circonda e sulle proprie origini. Bollain mira a porre domande più che a offrire risposte. Come ogni suo lavoro, questo Tambien la lluvia, risulta un’opera perfettamente riuscita, in grado di competere presso i maggior festival internazionali. Peccato però per alcune cadute di livello all’interno del film, soprattutto a livello di sceneggiatura. Di fatti, per la stesura del testo la Bollain si è affidata a Paul Laverty (già collaboratore abituale di Ken Loach) e purtroppo è venuta a mancare quella tensione costante e quel perfezionismo quasi maniacale che caratterizza l’intera produzione cinematografica della regista madrilena.

La storia è un’ottima maestra, ma l’uomo è un pessimo alunno.

PF da Madrid

When You’re Strange

Scritto e diretto da Tom Di Cillo, prodotto e narrato da Johnny Depp, When You’re Strange narra la vera storia del gruppo The Doors. Sin dalle intenzioni questo film si contrappone a quello del 1991 di Oliver Stone. Il progetto di questo stupendo documentario è stato infatti visionato ed approvato dai 3 rimanenti membri del gruppo: una ulteriore testimonianza della sua qualità e validità. Ricco di filmati inediti, alcuni girati dallo stesso Jim Morrison, When You’re Strange è un film carico di splendide immagini, con forti chiaroscuri e controluce. I 90 minuti della pellicola raccolgono l’intera storia del gruppo californiano: dalle origni al successo, i polemici arresti del cantante, la crisi creativa, le fasi di registrazione dei vari album, la folla oceanica dei concerti e la tragica fine. L’opera di DiCillo sottolinea magistralmente le influenze letterarie di Nietzche, Rimbaud e Blake, l’ispirazione flamenca della chitarra di Robby Krieger, il tappeto sonoro dei tamburi di John Desmore, le fughe al piano elettrico di Ray Manzarek, i testi onirici e la personalità magnetica di Jim Morrison. Finalmente un documentario che rende giustizia ad uno dei gruppi più influenti e magici della storia del rock.

Pf da Madrid

Hereafter

Il primo film del 2011 porta una brutta notizia: Clint Eastwood non riesce più a mordere. Hereafter, l’ultimo suo film, si rivela debole, scontato, banale e di un’ovvietà quasi irritante. I dialoghi sono degni di una telenovela venezuelana, le interpretazioni degli attori poco credibili e anche la regia è di quanto più piatto si sia visto in tutta la sua filmografia. Il film è un pout-pourri di tragedie, attentati e catastrofi naturali degli ultimi anni, il tutto condito da una storia d’amore e da un bambino che perde la propria famiglia. Se in Invictus già si potevano ravvisare dei segni di debolezza nella regia di Eastwood, per lo meno l’incredibile storia personale di Nelson Mandela e la forza del suo personaggio riuscivano a sopperire ad altre mancanze del film. Invece Hereafter pecca anche di un forte personaggio centrale in grado di tenere alta la tensione e di canalizzare l’attenzione dello spettatore. Parafrasando il Buono: i film si dividono in due categorie: i film consigliabili e quelli inconsigliabili … ebbene Hereafter appartiene senza alcun dubbio alla seconda categoria.

PF da Madrid

2010 IN REVIEW

Crunchy numbers

l'uomo che verrà

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1

SPECIALE TORNATORE MORRICONE April 2010

2

L’UOMO CHE VERRÀ January 2010
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3

AVATAR January 2010
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4

IL CONCERTO February 2010
2 comments

5

HOW MUCH DOES YOUR BUILDING WEIGH, MR FOSTER? Novembre 2010

PORCO ROSSO

Finalmente le acrobazie aeree di Porco Rosso si liberano sul grande schermo; finalmente possiamo seguire le sue traiettorie e vedere le sue evoluzioni fantastiche; finalmente possiamo decollare nell’ampio spazio di un cinema e non costringere il volo dentro il monitor di TV o computer. Finalmente l’idrovolante di Porco Rosso (pilota dal volto di maiale) accende i suoi motori con il rombo che gli compete: quello del grande schermo. Il Film è del 1992 ma esce nelle sale solo ora (con un ritardo di circa 18 anni) ed ecco spiegati tutti quei “finalmente” con i quali ho iniziato la recensione.

L’ambientazione è davvero curiosa e interessante perché ci racconta un’Italia anni 20 attraversata da idrovolanti fantastici e biplani pirata, uno strano incontro tra la creatività del regista (Hayao Miyazaki, genio dell’animazione giapponese) e la ricostruzione storica del periodo pre-fascista in Italia: il risultato è un capolavoro senza pari; un intreccio geografico e quasi sognato dove l’Adriatico, trapuntato di isole, ospita i nascondigli dei pirati del cielo mentre una Milano, sempre più industriale, sforna i motori per gli idrovolanti più veloci al mondo.

Le architetture si mescolano e disegnano le ville del Lago di Como tra le isole dell’Adriatico, la Mole Antonelliana tra le strade di Milano, alcuni ponti romani attraversare i navigli invece del loro amato Tevere: un panorama da cartoline anni 20 con il mare e le villette, le ciminiere e i capannoni, cartoline incollate tra di loro, piene di francobolli e dalle quali decollano in continuazione gli “Assi del cielo” e i pirati della Dalmazia. Esaltante.

In quest’ambientazione “curiosa e interessante” troviamo Marco Pagot (alias Porco Rosso), sfrecciare sul suo idrovolante per combattere i pirati e sfuggire agli aerei dell’aviazione italiana (ormai fascista) e che lo cercano da tempo.

Marco è un pilota di grandissimo talento ma è costretto a nascondersi siccome è stato colpito da una strana maledizione: durante la Prima Guerra Mondiale il suo volto ha preso le sembianze di un grosso maiale e questo dopo essere sopravvissuto ad uno scontro aereo nel quale sono morti tutti i suoi amici; (qui la fantasia nipponica disorienta un po’, o meglio, non si capisce la connessione tra la morte degli amici e il volto da porco; ma ci piace lo stesso e non poco).

Il Film è assolutamente da vedere, anche solo per la celebre frase: “meglio maiale che fascista” che il protagonista dice a Ferrarin, un’aviatore dell’esercito italiano, quando si incontrano in un cinema di Milano (e mentre guardano un cartone animato, non un film).

redtuggs

Ciao Mario, ci mancherai

Un saluto da parte di UltimoSpettacolo ad un grandissimo, eccelso ed impegnato Artista: Mario Monicelli.

Pochi come lui ( forse solo il suo amico Dino Risi ) sono riusciti a farmi ridere, sorridere, commuovere, piangere, sghignazzare, riflettere ed aninmarmi attraverso i suoi film.

Citare le sue opere significa ripercorrere tutto o quasi il 900 italiano: dal 1935 al 2008.

La grande guerra, Un eroe dei nostri tempi, L’armata Brancaleone, I soliti ignoti, Un borghese piccolo piccolo, I compagni, Il marchese del Grillo, Amici miei, Cari fottuttissimi amici, Guardie e ladri e decine e decine di altri film lo inseriscono a pieno titolo tra i grandi della settima arte, e tra i massimi esponenti dell’Arte Italiana.

Monicelli, con i suoi lavori, ha dipinto, schernito, raffigurato e raccontato gli italiani: i loro vizi, le loro virtù, i tic, le manie, il coraggio, la nostra codardaggine, la nostra italianità, la nostra mediocrità, i nostri colori, il nostro umore ….

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Sempre impegnato, combattivo ed arrabbiato: un vero esempio per tutti.

Fino alla fine ha lottato per una vita degna di essere vissuta.

Ciao Mario

Ci mancherai

PF da Madrid

MAL DIA PARA PESCAR

Nonostante sia uscito nelle sale esattamente un anno fa, Mal dia para pescar continua a riscuotere un grande successo, tanto di pubblico quanto di critica. Grazie all’effetto del passa parola e ai vari premi ottenuti è ancora possibile ammirare questo piccolo gioello di film in varie sale d’essay, cineforum e circoli culturali madrileñi. Una vera benedizione. Sì perchè Mal dia para pescar è un film piacevolissimo, ottimamente interpretato e finemente diretto: un film come se ne vedono pochi al giorno d’oggi. Una storia semplice, quella di un “ex-campione del mondo” di pesi massimi di lotta libera (Jouko Ahola) e del suo manager: il Principe Orsini (Gary Piquer) in tour per il Sud America in cerca di un riscatto personale, in memoria di un (presunto) passato pieno di gloria e fama. Arrivati nel paesino di Santa Maria, Orsini offre 1000 dollari al volentoroso sfidante che riuscirà a resistere per 3 minuti sul ring contro il campione. Tratto da un racconto dello scrittore uruguayo Juan Carlos Onetti, la pellicola rappresenta l’opera prima del giovane cineasta Alvaro Brechner. Il risultato è un’opera che mischia vari generi: la commedia, il dramma, la suspence ed il western. Nelle parole del regista “si tratta di una coppia quijotesca, una stirpe di soprevviventi assetati di vita, due eccentrici e decadenti europei catapultati nella piccola realtà di un paesino del Sud America”.

L’idea di realizzare questo film nacque nel 2005 quando il giovane Brechner rivolgendosi a Gary Piquer disse “Tu saresti un grande Orsini. Un principe, nato per convincere, per creare quel clima umido dove fioriscono amicizie e si nutrono speranze”. Più che un invito ai lettori di ultimospettacolo questo vuol essere un ordine: andate a vedere Mal dia para pescar. Non ve ne pentirete.

PF da Madrid